Discusso, criticato, anche insultato. Ma il centravanti rossoblù si è guadagnato sul campo il rispetto della piazza
APPLAUSI. A poco più di venti minuti dal novantesimo nell’ultima gara contro il Genoa si alza il tabellone luminoso. Appaiono due numeri e lo speaker annuncia: “esce con il numero 27 Alberto Cerri, entra con il numero 9 Giovanni Simeone”. Il ragazzone ossigenato china la testa, forse un po’ seccato per non poter fare tutti i 90 minuti nemmeno alla 38a giornata. Ma mentre si avvia verso la panchina lo sparuto pubblico della Sardegna Arena fa partire un forte applauso, il più rumoroso, il più sincero. È il tributo all’uomo della provvidenza che con il gol del 4-3 sul Parma a suonato la tromba di una delle imprese sportive più difficili della storia rossoblù.
RISPETTO. Di Cerri si è detto e scritto tanto negli ultimi anni. Attaccante sterile, lento, tecnicamente scarso. L’ironia da bar a ogni suo ingresso in campo: “vedrai che la risolve Cerri” si diceva col sorriso. E l’ha risolta lui veramente. Non solo la partita, ma l’intera stagione. L’unico suo gol in campionato è stato determinante per le sorti di una Regione che rischiava di vedere l’unica società calcistica di alto livello sprofondare nell’anonimato della Serie B e chissà, forse anche di rimanerci per anni. Perché la cadetteria è bastarda, chi entra Papa esce cardinale, si sa.
RICONOSCENZA. Questo panegirico potrà non soddisfare i più ostinati haters e di certo non è scritto con l’intenzione di rivalutare un calciatore che ha bisogno di migliorare tantissimi aspetti sul campo. Ciò che però bisogna cambiare è il tono della critica, perché la Sardegna non dimentica mai chi gli ha voluto bene con i fatti e questa volta non si può fare eccezione. Cerri non si è comportato da distruttore dello spogliatoio solo perché poco impiegato e non si è messo in un angolino da solo a piangere perché tutto gli remava contro. Si è fatto trovare pronto, è sempre rimasto coinvolto nel gruppo squadra e ha dato tutto per la maglia. Si parla di valori umani alti e questo gli dovrà sempre essere riconosciuto. Nessuno lo accompagni alla porta, le persone come lui qui sono di casa.