“La Nazionale? Non ci penso, sono concentrato sul mio percorso al Cagliari. La speranza di tornare ci sarà sempre, ma bisogna essere realisti e sono stato fortunato ad andarci. E a capire quanto è bello”.
“Mi piacciono i portieri costanti, che riducono al massimo gli errori: ogni punto perso è pesante. Quando analizzo le mie prestazioni o guardo altre partite, penso che quel che conta sia concedere il meno possibile. Perché poi la grande parata arriva, ma può essere anche un caso. La costanza è una delle cose più importanti. Mi piace analizzarmi, ma sono critico al punto giusto: esserlo troppo può diventare un freno. Ci vuole equilibrio”.
“Giocare con i piedi? Il ruolo sta cambiando tanto e bisogna essere bravi ad adattarsi. Non tutti gli allenatori hanno la voglia di immedesimarsi in un mondo a parte. Il mio allenatore Davide Nicola ad esempio ha grande curiosità, si avvicina per vederci lavorare in allenamento, fa domande al preparatore per capire meglio certi aspetti. E questo fa bene al nostro ruolo”.
“Come andò la famosa maturità a udine? Bene, sono uscito con 72/100: nonostante tante cose dette e scritte, ci tengo a dire che la scuola l’ho finita perché era giusto così. Ma non ha mai influito nelle scelte della mia carriera. Ci sono stati dei momenti in cui speravo di trovare più continuità e di avere occasioni che non sono arrivate. Dentro di me c’è sempre stata voglia di lavorare per ottenere qualcosa in più e dimostrare che gli altri, come a Udine, si stavano sbagliando. Anche per questo ho fatto scelte particolari, che sono state considerate in modo negativo, come quella di ripartire da Cipro. Ma quell’esperienza mi ha dato tanto. Ho ricominciato un po’ da zero e mi ha ritrovare continuità e fiducia. In Romania mi sentivo molto bene. Tornare ad essere un portiere di serie A, non perché volessi tornare in Italia a tutti i costi ma per il livello del gioco, era quello che volevo”.
“Il rifiuto all’Atletico Madrid? È stata una scelta particolare, volevo continuare il mio percorso a Udine e il giudizio degli altri è stato condizionato dal fatto che l’anno dopo sono rimasto in panchina. Ma in quel momento lì non si poteva sapere. Se l’etichetta di quel rifiuto le ha pesato? Più per gli altri che per me. Ma non posso dire che un ragazzo di 17-18 anni viva queste cose a cuor leggero”.