Tre partite da giocare, un calendario quasi proibitivo, due punti dal terzultimo posto. Qualcuno dovrà pur spiegare prima o poi
IL MISTER. Sarà Diego López a spiegare questo incubo retrocessione così concreto? Lui che la faccia comunque siano andate le cose ce l’ha sempre messa. Lui che forse ha peccato troppo nel difendere la squadra anche dopo prestazioni francamente indifendibili. Lui che dopo la vittoria con la Spal ha letteralmente perso la bussola, nonostante nei mesi successivi all’esonero di Rastelli sembrava navigare in acque tranquille.
I SENATORI. Saranno i giocatori d’esperienza tanto decantati da López a spiegare cosa non è andato? Magari Dessena, Cossu, Sau, giocatori che per anni hanno sudato questa maglia possono dirci perchè una squadra che si sta giocando il tutto per tutto scenda in campo con un atteggiamento da triangolare estivo e non con la bava alla bocca.
LA STELLA. Forse si può chiedere a Leonardo Pavoletti come mai l’acquisto più costoso della storia rossoblù abbia fin qui perso il confronto con un trentacinquenne pescato tra gli svincolati da Capozucca nel 2016. Eh si, perchè adesso bisogna chiedere conto anche al Pavo che forse è il meno colpevole di tutti avendo tenuto a galla da solo uno dei reparti offensivi più sterili della storia cagliaritana.
LA STELLINA. Potrebbe spiegare qualcosa ai tifosi anche Nicolò Barella, la rivelazione di questo campionato. Voluto da mezza Europa e con un prezzo fissato sui 50milioni, rischia di retrocedere alla prima stagione da protagonista. Anche lui si sarà domandato come sia possibile tutto ciò.
IL PRESIDENTE. Quello che sicuramente può dire di più ai tifosi è il presidente Tommaso Giulini. Lui può certamente spiegare le scelte nella guida tecnica, il mercato di riparazione cannato completamente, i tre direttori sportivi in due stagioni, l’indolenza verso una squadra priva di un’idea di calcio da proporre in campo.
TUTTI COLPEVOLI. Nessuno può essere assolto in questa situazione. Tutti devono prendersi le proprie responsabilità. Perchè per salvarsi quest’anno non basta più il prezzo del cartellino o il curriculum, non basta aver investito sul nuovo stadio o fare un museo, così come non sarà sufficiente continuare a dire in sala stampa “vogliamo attaccare, vogliamo fare le nostre cose, dobbiamo avere personalità”. Ora si salva solo chi ha gli attributi.